AUTRICE:
KOZETA NUSHI
Oggi,
dell’educazione sessuale si occupano la famiglia e la scuola; a completarla
intervengono gli amici più scaltri e la T.V. che offre anche dimostrazioni
realistiche delle pratiche sessuali.
Ai miei
tempi i bambini non erano partoriti: li portava la cicogna, si compravano o si
trovavano nell’orto, sotto un cavolo.
Io
nacqui in questo periodo fiabesco.
Il comportamento dei miei genitori e sette
anni di vita in un educandato di suore non avevano molto allargato i miei
orizzonti.
Non
credevo più alle cicogne, ma le mie conoscenze in materia di sessualità erano
piuttosto superficiali.
A 18
anni, terminati gli studi, tornai in famiglia e cominciai una vita normale.
Mia
madre era presidente di un’associazione umanitaria e teneva una lista dei nomi
delle persone in difficoltà, che chiedevano un aiuto economica.
Un
giorno, dovendo assentarsi da casa, mi consegnò la lista perché annotassi il
nome dei postulanti.
Si presentò una donna giovane che mi rattristò
con il racconto delle sue disgrazie; il suocero era fuori di testa, la suocera
si era rotta un braccio, il marito era disoccupato e lei non aveva latte
sufficiente per il figlioletto.
Chiedeva
il buono per acquistare mezzo litro di latte al giorno.
Rimasi
molto colpita da questa tragedia e stavo pensando ad una fase che potesse
esprimerne bene l’entità quando rilevai, accanto ad un altro nome, una
annotazione: “stato interessante”.
Era
proprio l’espressione giusta, che esprimeva chiaramente il mio pensiero perciò
la trascrissi accanto al nome della nuova arrivata.
Mia
madre, al ritorno, lesse il nome che avevo aggiunto e la noticina che lo
affiancava e, un po’ perplessa, disse: “Stato interessante! Te lo ha detto lei?
Ha un bambino di pochi mesi”.
“No”
risposi” ma mi ha raccontato un sacco di guai. Mia madre tentennò il capo con
aria incredula e mi spiegò il significato dell’espressione “stato
interessante”.
Mio
marito, padre dei miei quattro figli, in una situazione analoga, mi avrebbe
preso la testa fra le mani, avrebbe impresso un casto bacio sulla mia fronte e,
alzando gli occhi al cielo, avrebbe esclamato “Santa innocenza!”
Questo è
un momento di vita che a Vera è venuto in mente dopo la sua uscita dall’ospedale.
Però, Vera, come sempre, per la sua malattia non parla mai.
Ecco,
sono qua adesso. Sto bene. Mi vedi? – dice sorridendo e continua a scrivere e a
dirmi altri ricordi, che a me piacciono tanto.